1) COLONIALISMO.
Una politica ludica aberrante, che punta su un colonialismo commerciale, impostato sulla
progettazione, fabbricazione, distribuzione, e vendita al dettaglio, tutto concentrato in una sola mano.
Questo significa che al giocatore viene consigliato di acquistare una bomboletta spray firmata dalla casa,
piuttosto che dal ferramenta sotto casa che la vende a quattromila lire, pennelli, alberi, polvere,
romanzi, miniature, vernici, lime, edifici di carta, e tante altre cose ancora, tutte accuratamente firmate.
In pratica viene a sparire, l'approfondimento culturale tanto caro al wargame storico, dove giocare a
wargame Φ solo uno degli elementi dell'hobby, insieme alla lettura di buoni libri, ma neanche un libro
fantasy firmato da Tolkien Φ ben accetto, perchΦ non possiede il marchio della casa.
2) TECNICA.
La carenza tecnica del regolamento di Warhammer, che Φ alla sua quinta edizione, non ha ancora
trovato pace. E' da dieci anni, che i regolamenti alla Warhammer non sono pi∙ usati dai giocatori di
wargame storico, erano il WRG 7th edizione, il Lance, sono stati tutti soppiantati da regolamenti pi∙
snelli, con pochi tiri di dado, semplici nella struttura e con poche espansioni o regole particolari.
Sono passati quattordici anni e il regolamento di Rick Priestley Φ fermo e arroccato ancora su quelle
posizioni, quelle dei giocatori di ruolo, che tirano un dado per l'attacco mentre l'avversario cerca di
parare, poi la bellezza di nove caratteristiche differenti, mischiate alle note speciali per ogni singola
razza.
Tutti i regolamenti moderni, come De Bellis Multitudinis di Phil Barker, Armati di Arty Conliffe,
possiedono solo un solo valore combattimento, che rappresenta il morale, l'addestramento e la capacitα di
combattimento in generale. In questo modo il giocatore Φ facilitato nel concentrarsi non sulle regole, ma
sulla situazione strategica, che in fondo Φ la parte pi∙ bella. Ecco perchΦ nei tornei di Warhammer si
fanno solo quattro turni di gioco, perchΦ si passa pi∙ tempo a tirare dadi che a giocare.
3) COMMERCIALE.
Non si gioca a wargame per fare soldi, ma Φ giusto per chi produce prodotti ludici avere
un giusto guadagno, perchΦ come diceva Cesare Pavese, lavorare stanca, ma guai a progettare regolamenti di
wargame per poter vendere tutta una serie infinita di gadget e miniature, perchΦ il gioco poi ne risentirα
automaticamente. In Warhammer esistono una serie di creature, eroi, campioni, che vengono venduti a prezzi
veramente alti e il cui utilizzo Φ vietato nei tornei, perchΦ ritenuti sproporzionati e invalidanti nelle
loro caratteristiche speciali. E' evidente che le continue uscite di nuove edizioni modificate, di libri
degli eserciti, scatole base, pu≥ avere due soli significati o l'edizione precedente era sbagliata oppure
si tenta di far ricomprare le scatole nuove a chi giα le aveva acquistate, magari inserendo due armate
completamente nuove, tanto per invogliare i proprietari dell'edizione precedente di Warhammer a gettare
all'ortica i loro bei libri tutti colorati e cos∞ pieni di fotografie di miniature con relativo codice.
E qui entriamo nel campo del dipingere le miniature, sono anni che i wargamisti si considerano studiosi
dell'arte della guerra e non artisti del pennello, per ottenere le lumeggiature consigliate dalla Games
Workshop, significa per noi semplici mortali passare intere giornate con il pennello in mano, con
risultati spesso comici.
Gli artisti della casa madre, ottengono delle vere piccole opere d'arte, ma poi
spesso sui tavoli di gioco prendono delle sorone bastonate oppure non giocano proprio al wargame.
Procurarsi un esercito di Warhammer da duemila punti, il minimo indispensabile in un torneo, con un stile
Citadel, dove sono curati tutti i particolari, costa circa un milione fra miniature grezze e il servizio
di pittura.
Nel wargame classico, con centomila lire ti porti via un esercito dipinto a brushing, in scala
15MM, che non sarα il massimo dell'opera d'arte, ma che va benissimo per essere trasportato da casa al
circolo, per essere toccato e maneggiato, e se cade e qualcosa si rompe, poco male.
Non ho il tempo per approfondire tanti altri argomenti, come quello dei negozi specializzati che tanto hanno fatto per la Games Workshop, che una volta accortasi che il fatturato dei negozi italiani Φ in aumento, deciderα come in Spagna, Francia, di entrare anche nella vendita al dettaglio, senza rifornire le altre catene di vendita.
Il futuro ludico italiano Φ fatto anche di wargame, sarebbe inutile indire una crociata contro i mulini a vento e non credo che la politica imperialista di talune case produttrici inglesi cambierα perchΦ alcuni di noi la pensano in maniera contraria, ed allora non rimane altro che scendere in campo, saremo in parecchi e tutti in buona compagnia, i gallesi, gli irlandesi, gli scozzesi, gli spagnoli, i francesi, gli statunitensi, gli italiani, il popolo del wargame, ma questa volta sui campi di gioco, la vera libertα ci aspetta su quelle tavole verdi, piene di boschi ed eserciti variopinti, con dei buoni amici come avversari, lo capiranno quelli della Games Workshop?
E quelli che lo capiranno dovranno andare via, come Tony Ackland, e Kev Adams, che si sono dovuti mettere
in proprio creando la Harlequin?
Chi sarα il nostro Robert Bruce, e chi il nostro William Wallace, dove sono i nostri indomiti highlander?
E dove sono i nobili scozzesi che litigano fra di loro, mentre l'inglese invasore approffitta delle liti
in famiglia ?
Guardiamoci negli occhi, Mel Gibson ha girato la nostra futura storia ludica, ma io non ci sto, io vado a
dar battaglia!
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